La prima ad accendere i riflettori sull’argomento è stata l’attrice Angelina Jolie, che nel 2013 ha fatto sapere al mondo di avere la mutazione del gene BRCA1. Da allora, l’attenzione sul tema è cresciuta e in Italia è nata aBRCAdabra, la prima associazione nazionale che sostiene i portatori di mutazione genetiche BRCA1 e BRCA2. Oggi, per la rubrica ‘Andiamo a conoscere’, ne parliamo con la presidente Ornella Campanella.

Che cosa sono queste mutazioni genetiche e perché oggi se ne parla sempre di più?

“I geni BRCA1 e BRCA2 sono quei geni che, se mutati, predispongono nel corso della vita al rischio elevato di sviluppare un tumore al seno, all’ovaio, al pancreas a alla prostata. Il rischio, appunto, è alto tanto che la scienza ci parla anche dell’80% di probabilità. Queste mutazioni sono democratiche perché riguardano sia le donne che gli uomini e infatti la nostra sfida è creare consapevolezza riguardo all’argomento. Una persona che ha la mutazione ha il 50% di possibilità di trasmetterla ai figli, sia femmine che maschi. Quindi si tratta di una questione che riguarda l’intera famiglia”.

Quando è nata la onlus?

“Nel 2015 ed è stata la perfetta chiusura del cerchio, perché in realtà già qualche anno prima la Professoressa Alberta Ferrari, senologa al San Matteo di Pavia e nostra referente scientifica, aveva riunito in rete le donne portatrici della mutazione, che si sentivano sole, con un test tra le mani e orfane di un percorso adeguato. Questo gruppo chiuso su Facebook è cresciuto sempre di più e quindi abbiamo voluto strutturarci come associazione per lavorare in modo più efficace”.

Sul vostro sito campeggia una frase che ci ha molto colpito e che dice ‘sapere di essere BRCA positiva può essere considerata una finestra sul futuro’. Perché?

“All’inizio, quando una persona scopre la posività alla mutazione di questi geni ha paura delle conseguenze, ma se viene accompagnata ad aprire questa finestra capisce di avere di fronte diverse possibilità e, quindi, di essere libera di scegliere e di diventare protagonista della propria salute. Oggi, infatti, una donna ha due strade. Può fare la cosiddetta chirurgia di riduzione del rischio: in pratica, si sottopone alla mastectomia profilattica e/o alla annessiectomia, che consistono nella asportazione della mammella e/o dell’ovaio e delle tube. Questa scelta riduce sensibilmente il rischio di ammalarsi. L’altra strada, invece, è il percorso di sorveglianza mirata: non significa prevenire la malattia, ma intercettarla in una fase molto precoce. Funziona solo per il tumore al seno e significa seguire una speciale lista della spesa, ovvero una serie di esami semestrale o annuali. Per esempio, la risonanza mammaria, l’ecografia transvaginale, la visita ginecologica e altro ancora, a seconda del rischio della persona e della sua storia familiare. In entrambi i casi, se ha consapevolezza può scegliere, è libera”.

Facciamo un passo indietro: come si fa a sapere di essere positiva alla mutazione? Chi e quando deve sottoporsi al test?

“Allora, il primo campanello d’allarme scatta nella testa del medico di base o del ginecologo, che nota per esempio tanti casi di tumore al seno in famiglia e allora consiglia alla donna di rivolgersi a un genetista oncologo in un centro specializzato. Ecco, diffidate dalle strutture sotto casa: servono centri specializzati e noi dell’associazione possiamo aiutarvi a individuarli. Il genetista procede con un colloquio molto approfondito sulla storia della persona e della sua famiglia. Poi stabilisce un indice di rischio e se questo è alto propone il test genetico. E sottolineo il verbo propone, perché si è liberi di fare questo esame, non c’è un obbligo. Il test darà poi un risultato e dirà se la persona è positiva o negativa alla mutazione”.

Facciamo l’identikit dei vostri associati

“Sono donne, uomini, famiglie intere perché, appunto, il problema coinvolge tutti. Quindi nella nostra squadra non ci sono solo positivi, ma chiunque ha vissuto il percorso a fianco di una persona. L’iscrizione è quasi simbolica: infatti costa solo 10 euro”.

“I geni BRCA1 e BRCA2 sono quei geni che, se mutati, predispongono al rischio elevato di sviluppare un tumore al seno, all'ovaio, al pancreas a alla prostata”

Se qualcuno vuole iscriversi come può fare?

“Basta andare sul nostro sito. L’iter è davvero semplice e intuitivo. Sempre sul sito e sui social si viene poi aggiornati sulle nostre attività”.

Quali sono?

“Prima di tutto, l’attività scientifica. Siamo supportati da un comitato tecnico che riunisce i pionieri di BRCA in Italia, da genetisti a oncologi fino ai chirurghi e tanti altri, che ci aiutano  a crescere, a fare un’informazione precisa e mirata e a confrontarci con le istituzioni per chiedere il meglio per chi ha la mutazione. Poi lavoriamo per i diritti dei pazienti: per esempio, esistono delle esenzioni che permettono di fare gratis gli esami, ma non tutte le Regioni le hanno. Poi lanciamo tanti progetti specifici sulla salute, come quelli sul trattamento dell’atrofia vaginale in menopausa o sulla psiconcologia. Infine, siamo molto presenti sul territorio perché le persone hanno bisogno di essere ascoltate e guidate. Tempo fa, ci hanno detto che abbiamo cambiato il modo di parlare di BRCA perché siamo garbate, empatiche e costruttive. Infatti, Fondazione Aoim ci ha voluto al suo fianco per scrivere le prime raccomandazioni italiane su BRCA e questo è motivo di grande orgoglio per noi”.

Quali sono i vostri obiettivi? Di che colore sarà il futuro di aBRCAdabra?

“Sarà un colore inclusivo, perché vogliamo accogliere tutti. All’inizio la mutazione era associata soprattutto al tumore al seno poi si è scoperto che è legata a diverse patologie oncologiche, quindi abbiamo allargato la collaborazione a nuovi esperti e associazioni di pazienti. Se lavoriamo tutti insieme la nostra voce sarà più potente e potremo aiutare sempre di più le persone”.