Ogni anno, in Italia, quasi 1.500 bambini si trovano a combattere contro il cancro, mentre i ragazzi che affrontano questa sfida sono un migliaio. La ricerca, anche per loro, ha fatto passi da gigante: se negli anni Settanta, solo un piccolo su 4 sopravviveva, oggi 3 su 4 guariscono. I riflettori, quindi, illuminano anche tutto quello che aiuta questi pazienti a vivere la loro quotidianità.

Ecco perché il 15 febbraio, giornata mondiale contro il cancro infantile, parliamo di scuola in ospedale, un’eccellenza tutta italiana, visto che nel nostro Paese esistono oltre 200 strutture di questo tipo, portate avanti da più di 900 fantastici docenti. Come Daniela Di Fiore, che dal 2010 insegna Lettere e Storia nel reparto di Oncologia pediatrica al Policlinico Gemelli di Roma e per questo impegno è stata anche premiata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

"Con i ragazzi malati mi sento davvero utile"

Quando ci racconta le giornate in corsia, i suoi occhi brillano, accesi dalla passione. “Anni fa ho chiesto il trasferimento da Napoli, la città in cui sono nata, a Roma e nella domanda ho aggiunto come sedi di lavoro il carcere e gli ospedali perché volevo dare una mano e misurarmi con un’esperienza nuova”. Non è facile, però, insegnare, dare e voti e compiti quando i tuoi alunni sono immobili in un letto o si dividono tra sala operatoria e chemioterapia. I primi mesi assomigliano a un pugno nello stomaco, fortissimo, che quasi tramortisce la professoressa quando un suo alunno non ce la fa. “Quel giorno ho pensato di lasciare: forse non ero adatta a insegnare in ospedale. Ma poi gli altri studenti mi hanno chiesto di rimanere e ho capito che potevo essere molto utile”.

“Anni fa ho chiesto il trasferimento da Napoli, la città in cui sono nata, a Roma e nella domanda ho aggiunto come sedi di lavoro il carcere e gli ospedali perché volevo dare una mano e misurarmi con un'esperienza nuova”

Gli studenti che hanno un tumore? Piccoli eroi che hanno voglia di normalità

Già, i suoi studenti: la Prof li definisce eroici (anche se a loro non piace questo aggettivo), coraggiosi e positivi. E con tanta voglia di normalità. “Sognano una quotidianità come i coetanei e la scuola può dargliela. Seguiamo i programmi dei loro istituti di appartenenza, organizziamo interrogazioni e verifiche, senza regalare nulla. Gli alunni sostengono prove Invalsi ed esami di maturità. Provano a non sentirsi malati, a ritrovare abitudini e risate. I medici dicono che noi insegnanti facciamo parte della terapia, quando i giovani pazienti fanno lezione stanno meglio, il sistema immunitario è più reattivo”.

La scuola in ospedale è preziosa, quindi. Anche per chi insegna. “Dico sempre che è più quello che i ragazzi danno a me che quello che io insegno a loro. Mi trasmettono positività, grinta, speranza e mi fanno vedere le cose nella giusta prospettiva. Magari mi sento stanca, mi lamento per i piccoli inconvenienti di tutti i giorni e poi penso a loro, che studiano come matti mentre combattono contro un tumore. Sono come una bussola che mi orienta”.

Storie di incredibile felicità

C’era una volta la scuola in ospedale. E c’è ancora. Come ci sono Sandra, Luca, Anna, Federico e molti altri. Ragazzi che fanno parte di un villaggio di confine, dove si cresce confrontandosi con difficoltà serie, con una malattia da combattere, con il tempo da conquistare. Ragazzi che hanno combattuto una battaglia per la vita nel reparto di Oncologia pediatrica del Gemelli di Roma e l’hanno vinta. E così uno di loro oggi fa il ricercatore, un’altra disegna fumetti, un terzo sta per iscriversi all’università in Danimarca. E così via. Ma quello che conta è che tutti sono qui, a raccontarci la loro vita, le loro “storie di incredibile felicità”. Prefazione di Massimo Giletti. Postfazione di Benilde Naso Mauri.

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