Sai perché questo sito si chiama Koala Strategy? Perché il dolcissimo animale australiano vive sempre abbracciato: abbracciato al suo albero, alla sua mamma, al suo compagno, al suo cucciolo… E anche il cancro si supera proprio abbandonandosi un po’ tra la braccia di chi ti ama. Ovvero il caregiver, chi si prende cura di te che ci leggi, chi cammina al tuo fianco in questo percorso e cerca di rendere la strada meno accidentata.

Allora, oggi inauguriamo una rubrica a cui teniamo molto, quella dedicata ai caregiver, per accendere i riflettori su queste figure fondamentali e dar loro voce. Lo facciamo con Mattia Zenesi, fotografo e blogger 37enne. L’amore infiamma ogni parola di quest’uomo tanto che anche i ricordi più cupi sembrano illuminarsi un po’. “Sono stato il caregiver di mia moglie Claudia, che ha scoperto di avere un cancro al seno il giorno del suo 35esimo compleanno. Il regalo migliore per chi ha un tumore? La normalità“.

“In realtà eravamo abbastanza preparati a questa malattia, perché quando ci eravamo conosciuti lei mi aveva confessato quasi subito di avere familiarità, che era la sua più grande paura. Il giorno della diagnosi è stato traumatico, come quando capisci che il peggiore dei tuoi incubi sta diventando purtroppo realtà”.

Nel pieno nella tempesta Mattia ha fatto una promessa, alla moglie e a se stesso. E ha fatto di tutto per mantenerla. “Ho giurato a Claudia che avremmo affrontato ogni istante insieme. Volevo che lei avesse stabilità, desideravo supportarla e sopportarla in ogni situazione. Mi sono detto che sarei stato una presenza costante, una certezza. Visto che non vivevo la malattia sulla mia pelle, il minimo che potessi fare era alleggerire il fardello di Claudia e darle la possibilità di sfogarsi”.

“Cercavo di comportarmi come se nulla fosse, senza mostrare troppa compassione. E sfruttavo i momenti in cui Claudia era più in forma per tornare alla vita di prima e concederci la colazione a letto, un po' di shopping in centro, una passeggiata in montagna o un weekend al mare...”

Così, Mattia si è dedicato alla moglie e ha trasformato ogni giorno in una missione, anzi in una dichiarazione d’amore. “Le sono sempre stato vicino. All’inizio, quando è stata operata, ho usufruito della legge 151 sul congedo straordinario e sono stato a casa diverse settimane. Poi, durante le terapie, ho utilizzato tutti i permessi previsti dalla legge 104, quella che regola proprio l’assistenza dei pazienti. Io c’ero e questo rasserenava molto Claudia. Poi, cercavo di sorridere sempre: anche se è stato pesante, davanti a lei non ho mai mostrato nessun cedimento”.

Eppure, anche chi sta a fianco di un malato oncologico è attraversato da mille angosce e avrebbe bisogno di aiuto, ma ammetterlo è dura. “Come tanti uomini, fatico a chiedere una mano. Certo, ogni tanto parlavo con i miei genitori ma non volevo caricarli di questo peso. Quindi trovavo da solo la forza pensando che avrei fatto tutto per Claudia”. E lo ho fatto davvero, anche durante i momenti più critici, come l’inizio della chemioterapia o dopo la mastectomia bilaterale preventiva. “Sapevo che dalla sala operatoria sarebbe uscita una persona diversa e che anche le cure l’avrebbero messa a dura prova, ma l’ho appoggiata e ho cercato di darle un pizzico di normalità”.

È questa, forse, la parola magica: normalità. Il regalo più bello che un caregiver possa donare è la quotidianità. “Cercavo di comportarmi come se nulla fosse, senza mostrare troppa compassione. E sfruttavo i momenti in cui Claudia era più in forma per tornare alla vita di prima e concederci la colazione a letto, un po’ di shopping in centro, una passeggiata in montagna o un weekend al mare…”.

Il tempo è passato. Oggi operazioni e terapie sembrano appartenere al passato e Mattia si guarda indietro con lucidità per dare un consiglio ai caregiver. “Stringete i denti, lasciate perdere ogni problema e concentratevi solo sulla persona che amate. Ma non sobbarcatevi tutto da soli e cercate un amico fidato con cui sfogarvi. Ecco, a queste figure serve il giusto supporto psicologico e sarebbe bello, per esempio, che ci fosse una community di gente che ha vissuto questa esperienza e fosse disposta a stare al fianco degli altri caregiver. E, per finire, ci vorrebbe più attenzione sul fronte dei diritti. Io sono stato fortunato e il mio datore di lavoro ha compreso la situazione, ma non è così scontato, quindi avere aiuto e chiarezza sarebbe molto utile”.